Chiudere gli occhi sul podio di Silverstone, sentire l’inno, alzare le braccia al cielo e sapere che ci sei tornato. Non è solo una vittoria. È una liberazione. Una risposta a tutto quello che ci siamo portati dietro in questi mesi. E sì: è stato bellissimo.
Sabato non era iniziato nel modo che speravo. Appena scattato, l’abbassatore anteriore è rimasto bloccato. La moto non frenava più come doveva. Mi sono ritrovato 19º in un attimo, a rincorrere gli altri. Ma ho tenuto botta. Testa bassa, cuore aperto. Ho spinto giro dopo giro e mi sono riportato su fino alla quarta posizione. Non era il podio, ma sembrava già una mezza vittoria. Una dimostrazione a me stesso che la fame c’è ancora. Eccome se c’è.
La gara lunga è stata una montagna russa di emozioni. Partivo 11º, in mezzo al caos, e quando è uscita la bandiera rossa ho pensato: “Okay, ricominciamo da capo”.
E lì, qualcosa è scattato. Ho guidato come piace a me: deciso, pulito, affamato. Ho passato piloti uno a uno, senza forzare, senza strafare. E quando ho visto che davanti a me c’era la prima posizione, non ci ho più pensato: sono andato a prenderla. Non ho mollato. E quando Quartararo si è fermato… ho capito che la porta si era aperta.
Quello che è successo negli ultimi giri non lo dimenticherò mai. Il team nel muretto, io da solo davanti, ogni curva più intensa della precedente. E poi la bandiera a scacchi. Vittoria. Finalmente. Dopo 609 giorni. Con Aprilia. Con una moto che ogni giorno sento più mia. Con una squadra che ha creduto in me anche quando le cose andavano male.
Questa vittoria è per chi ha continuato a crederci. Per chi mi ha detto “tranquillo, il momento arriverà”. Per il mio team, la mia famiglia, i tifosi che mi hanno scritto anche nei weekend più duri. Non ho vinto solo io: abbiamo vinto insieme.
Adesso sappiamo che possiamo essere lì davanti. Non è una fiammata. È un segnale. E non vedo l’ora di tornare in pista per dimostrarlo.
Ci vediamo alla prossima.